Pubblicato 2022-12-24
Parole chiave
- conscious thought
Come citare
Abstract
Oggi esiste una forte tensione tra le neuroscienze cognitive e molte visioni etiche basate sulla visione ordinaria del mondo. Da un lato, molti neuroscienziati cognitivi e filosofi orientati all'empirismo sollevano un dubbio radicale sulla concezione ordinaria di noi stessi come agenti pensanti coscienti che controllano causalmente le loro azioni - dove il pensiero cosciente include le nostre credenze, obiettivi, decisioni e intenzioni. D'altra parte, molte etiche accettano ancora la concezione ordinaria di noi stessi e, di conseguenza, considerano la coscienza come una delle due basi fondamentali per l'attribuzione della responsabilità: gli agenti sono responsabili delle loro azioni fintanto che queste riflettono le loro deliberazioni coscienti (l'altra base per l'attribuzione della responsabilità è che le deliberazioni coscienti contribuiscono causalmente alla generazione delle azioni).
Dopo aver esposto questo disaccordo, sosterremo l'adozione di una posizione intermedia tra quella sostenuta dagli etici tradizionali (che, nonostante i dati emersi dalle scienze della mente e del cervello, continuano ad attribuire un primato assoluto al pensiero cosciente nell'agency morale) e quella sostenuta dai neuroscienziati cognitivi e dai filosofi (che si arrischiano a sostenere che la mente cosciente è effettivamente epifenomenica). Sosterremo che un modello alternativo e più promettente può essere costruito facendo riferimento ad alcuni suggerimenti di Levy, Peter Carruthers e Matt King. In quest'ottica, sosterremo che i risultati delle neuroscienze cognitive - piuttosto che dimostrare che la mente cosciente è epifenomenica - ci impongono di offrire un'articolazione più precisa e imparziale della dialettica tra elaborazione inconscia e riflessione cosciente.