Pubblicato 2022-12-11
Parole chiave
- physician-assisted-suicide,
- end-of-life-decisions,
- withholding/withdrawing treatments,
- deep palliative sedation,
- life-sustaining treatments
Come citare
Abstract
L'articolo analizza criticamente il dibattito italiano sul suicidio assistito (PAS), mostrando come esso sia caratterizzato da un errato riconoscimento delle differenze mediche e bioetiche tra i vari trattamenti e procedure, con il conseguente rischio di adottare un approccio riduttivo alle cosiddette decisioni di fine vita. Come verrà affrontato nella prima parte dell'articolo, l'attuale lessico di fine vita dimostra quanto appena detto: la pratica della PAS viene sempre più spesso indicata con espressioni come “Physician-Assisted-Dying” e “Physician Aid-in-Dying”, che potrebbero alludere non solo al suicidio assistito ma anche ad altre pratiche di fine vita non finalizzate alla morte del paziente, come la sedazione palliativa profonda. In questo modo, vengono erroneamente equiparate pratiche diverse in termini di procedure e obiettivi. La seconda parte dell'articolo sostiene che le indebite equiparazioni possono essere notate anche analizzando sia le argomentazioni della Corte Costituzionale (fornite nell'ordinanza n. 207/2018 e nella sentenza n. 242/2019) sia il recente tentativo di estendere l'espressione “trattamenti di sostegno alla vita”.